Moderator boschservice Posted May 25, 2016 Moderator Share Posted May 25, 2016 Buongiorno signor avvocato, mi scusi se riprendo questo tema su cui già discusso in questo topic: http://www.autodiagnostic.it/forum/consulenza-legale/%28abilitazione-alla-meccatronica%29-maggiori-chiarimenti/ In questi giorni a un corso mi hanno detto che le camere di commercio della regione Lombardia stanno controllando su tantissime attività, compresa la nostra di autoriparatori, se svolgiamo il lavoro per cui realmente siamo iscritti o se facciamo altri lavori. in camera di commercio la nostra iscrizione è: officina riparazioni auto, moto e mezzi agricoli (meccanico motorista), elettrauto per autoveicoli, moto e mezzi agricoli e commercio di auto usate; se arriva un controllo e vedono l'attrezzatura per il cambio gomme oppure stiamo facendo piccoli lavori di carrozzeria siamo punibili? non possiamo svolgere questi lavori? perché molti di noi fanno i lavori che ho appena menzionato sopra, magari non conoscendo il problema. credo che anche le nostre assicurazioni presenti in officina abbiamo dei problemi a rispondere se succede un problema su questi lavori e anche fiscalmente Rimango in attesa di una sua risposta. Grazie Francesco A.N.S. Service 4 4 Link to comment Share on other sites More sharing options...
Popular Post Avv. Beccari Piergiorgio Posted November 23, 2016 Popular Post Share Posted November 23, 2016 Innanzitutto, desidero scusarmi per il ritardo con cui provvedo a rispondere alla presente domanda. Venendo ora al merito della questione che oggi mi viene sottoposta e per una sua esatta comprensione, è necessario analizzare nel dettaglio le norme contenute nei testi di legge regolanti l’attività di autoriparazione, vale a dire la L. 122/1992, il D.P.R. n. 558/1999 e la legge 224/2012. Come oramai ben sappiamo, la L. 122/1992 era stata pensata e promulgata per disciplinare l’attività di manutenzione e riparazione dei veicoli e dei complessi di veicoli a motore, compresi ciclomotori, macchine agricole, rimorchi e carrelli, adibiti al trasporto su strada di persone e di cose, ossia, secondo la definizione data dal legislatore, “l’attività di autoriparazione”. Nell’attività di autoriparazione, e ciò non è mai superfluo ricordarlo, rientrano “tutti gli interventi di sostituzione, modificazione e ripristino di qualsiasi componente, anche particolare, dei veicoli e dei complessi a motore, nonché l’installazione, sugli stessi, di impianti e componenti fissi, rimanendo escluse le attività di lavaggio, di rifornimento di carburante, di sostituzione del filtro dell’aria, del filtro dell’olio, dell’olio lubrificante e di altri liquidi lubrificanti o di raffreddamento, operazioni da effettuarsi, in ogni caso, nel rispetto delle norme vigenti in materia di tutela dall’inquinamento atmosferico e di smaltimento dei rifiuti, nonché l’attività di commercio dei veicoli”. Per quanto riguarda il momento dell’inizio dell’attività di autoriparazione e relativa iscrizione al registro delle imprese, l’art. 10 del D.P.R. n. 558/1999 ha previsto l’obbligo, in capo alle imprese che intendono esercitare tale attività ai sensi della L. 122/1992, di presentare denuncia di inizio attività (DIA), specificando altresì le attività che intendono esercitare tra quelle previste dall’art. 1, comma 3, della medesima L. 122/1992. In sostanza ed in altre parole, tutte le imprese aventi l’intenzione di svolgere attività di autoriparazione (comprese quelle esercenti, in prevalenza, attività di commercio e noleggio di veicoli nonché di autotrasporto che svolgano, con carattere strumentale o accessorio, attività di autoriparazione), sono obbligate a comunicare l’inizio della propria attività con apposita dichiarazione (la DIA appunto), indicando con chiarezza quali attività tra quelle rientranti nell’autoriparazione andranno a svolgere. E cioè, anche in seguito all’entrata in vigore della L. 224/2012, devono comunicare se svolgono tutte le attività previste (meccatronica, carrozzeria, gommista) ovvero solo una o due delle stesse. Questo poiché ciascuna impresa ha la facoltà di richiedere l’iscrizione per una o più delle attività previste (meccatronica, carrozzeria, gommista), in relazione alle attività effettivamente esercitate. Tuttavia, salvo il caso di operazioni strumentali o accessorie strettamente connesse all’attività principale, l’art. 10, comma 3 del D.P.R. n. 558/1999, non consente l’esercizio delle attività previste dall’articolo 1, comma 3, L. 122/1992 (meccatronica, carrozzeria, gommista), senza la relativa e specifica iscrizione. Se quanto precede è vero, ossia che l’esercizio dell’attività di autoriparazione è consentito esclusivamente alle imprese iscritte nel registro delle imprese, relativamente alle attività specificate (cioè meccatronica, carrozzeria, gommista), bisogna ora chiedersi cosa succede nell’ipotesi in cui un’impresa – pur essendo regolarmente iscritta nell’apposito registro – in realtà eserciti l’attività di autoriparazione per un’attività diversa da quella (o da quelle) per cui risulta abilitata. In proposito, occorre considerare l’art. 10 della L. 122/1992, tuttora in vigore, in base al quale “l’esercizio da parte di un’impresa, di attività di autoriparazione diverse da quella (o quelle) in cui l’impresa è iscritta è punito, salvo il caso di operazioni strettamente strumentali o accessorie rispetto all’attività principale, con la sanzione amministrativa del pagamento di una somma da € 2.500,00 ad € 7.500,00 e con la confisca delle attrezzature e delle strumentazioni utilizzate per l’attività illecita. Se la violazione sia ripetuta, si procede con la cancellazione dal registro delle imprese”. I soggetti indicati dalla legge come preposti alla vigilanza sull’applicazione delle disposizioni di legge sono le Provincie ed i Comuni con i relativi organi. Visto il quadro normativo di riferimento, allora la risposta al quesito odierno è facilmente intuibile: il soggetto che svolge attività di autoriparazione, è legittimato a svolgerla solo e soltanto in relazione alle attività per le quali risulta abilitato e, pertanto, si deve ritenere illecito l’esercizio di un’attività rispetto alla quale il soggetto medesimo non ha ottenuto la specifica iscrizione, a meno che si riesca a dimostrare il carattere strumentale o accessorio della presunta attività illecita rispetto all’attività principale. Nell’ambito dell’attività svolta da un officina, credo che per potere dimostrare il carattere di strumentalità o accessorietà dell’attività per la quale non si è abilitati (in questo caso prendo solo l’attività di gommista tralasciando i piccoli interventi di carrozzeria per semplificare l’esposizione) rispetto a quella principale, si debba fare riferimento a criteri/parametri quali: spazio dedicato alla strumentazione per il cambio gomme sul complessivo spazio adibito ad officina, fatture e incassi corrispettivi, numero di cambi gomme effettuati, complessivo delle spese sostenute per l’acquisto di gomme rispetto a quelle generali dell’officina, ecc… E’ chiaro che l’unione dei fattori sopra indicati, potrebbe salvare l’autoriparatore se risultasse, ad esempio, che lo spazio occupato è minimo, che gli incassi rappresentano una percentuale bassa degli incassi complessivi dell’officina, che le spese sostenute in relazione ai cambi gomme sono marginali rispetto alle complessive occorse, che il numero di interventi effettuati è di poco conto rispetto al numero di lavorazioni complessive fatte nell’esercizio dell’attività principale. Ad ogni modo, è altresì vero che ogni caso deve essere considerato fine a se stesso e, quindi, quello che può valere in una data ipotesi, allo stesso tempo perde valore se riferita ad altra. Interessante, poi, è anche l’osservazione relativa al ruolo di una copertura assicurativa. Infatti, le imprese esercenti attività di autoriparazione sono responsabili degli interventi effettuati; interventi svolti, ovviamente, nell’ambito delle attività per le quali sono giustamente abilitate. Pertanto, soprattutto in caso di danno grave, sul quale è certo che l’assicurazione, prima della liquidazione del dovuto, verifichi a fondo l’esistenza di tutti i presupposti fondanti la responsabilità dell’assicurato, nel caso in cui si dovesse ravvisare un elemento di esclusione della copertura (come lo svolgimento di un’attività “illecita” sempre che non si dimostri la strumentalità o accessorietà come sopra visto), sarebbe penso sicura la rivalsa della compagnia nei confronti dell’assicurato. Anche se poi, per dare una risposta sicura in tal senso, occorrerebbe leggere la polizza e le condizioni relative. Sotto il profilo fiscale, osservo che l’emissione delle fatture relative a operazioni svolte nell’esercizio di un’attività per la quale l’officina non è abilitata, non dovrebbe comportare particolari conseguenze dal momento che il fisco verifica, tramite tali documenti, la giustificazione delle entrate e delle uscite, senza entrare nel merito dell’attività; anche se non si può escludere che in base ad un’indagine sulla partita IVA corrispondente, non vengano fatte le opportune segnalazioni. Tuttavia, non essendo un fiscalista, l’affermazione che precede, deve essere considerata un parere da prendere con il classico beneficio di inventario, essendo consigliabile l’opinione in merito di un professionista che si occupa di tali problematiche. 2 9 Link to comment Share on other sites More sharing options...
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