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Corsi per il fai-da-te inerenti ad impianti di sicurezza


badwork

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Durante l'incontro un esperto dell'associazione dimostrerà praticamente la procedura per lo smontaggio ed il montaggio delle ruote e dei freni a disco.

 

Verrà mostrato il corretto utilizzo di un avvitatore ad impulsi ed i problemi che si possono generare a seguito di una erronea esecuzione di questa operazione apparentemente elementare.

Verrà inoltre illustrato il funzionamento della chiave dinamometrica ed il suo impiego come strumento di misura per il serraggio dei bulloni delle ruote.

 

Il corso comprende anche una descrizione del sistema frenante di un autoveicolo e della composizione del meccanismo a dischi.

Verrà mostrata la procedura per la sostituzione delle pastiglie e si procederà allo smontaggio del disco per esaminare tutte le parti che compongono il sistema.

 

Sarà descritta l'operazione di spurgo per l'eliminazione di eventuale aria all'interno dell'impianto idraulico e le accortezze da seguire sulle moderne auto che dispongono di una centralina elettronica per il controllo dei freni (ABS).

 

Se non ricordo male, la legge 122 del 92, art 6 dice: "Articolo 6

 

Obblighi del proprietario o possessore di veicoli o di complessi di veicoli a motore.

1. Il proprietario o possessore dei veicoli o dei complessi di veicoli a motore di cui al comma 1 dell'articolo 1 deve

avvalersi, per la manutenzione e la riparazione dei medesimi, di imprese iscritte nel registro di cui all'articolo 2, [omissis..] e fatta eccezione per gli interventi di

ordinaria e minuta manutenzione e riparazione. "

 

Visto che si parla di freni, quindi impianto rilevante x la sicurezza, è lecito fare dei corsi per consetire a personale non professionale l'esecuzione di interventi riparativi o di manutenzione (non ordinaria, direi) ?

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  • 5 mesi dopo...
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Miglior contributo in questa discussione

  • badwork

    1

  • Avv. Beccari Piergiorgio

    1

Miglior contributo in questa discussione

Un fenomeno in sempre maggiore espansione, è rappresentato da realtà giuridiche (ad esempio perché costituite in forma associativa) le quali si prefiggono come scopo quello di aiutare i propri aderenti/associati a coltivare e sviluppare la passione relativa alla cura del proprio mezzo di trasporto, auto o moto che sia.

Sulla base dello slogan secondo cui “non è necessario essere dei meccanici provetti per svolgere da soli le piccole manutenzioni alla carrozzeria ed alla meccanica”, la finalità di cui sopra viene perseguita mediante la messa a disposizione di locali “tecnicamente attrezzati” nonché attraverso l’organizzazione di corsi di formazione ad hoc destinati ad incrementare le “capacità” degli appassionati.

Fino a qui, nulla di strano.

L’ordinamento italiano riconosce forme aggregative le quali, attraverso una organizzazione stabile, si impegnano a perseguire uno scopo comune di tipo culturale, assistenziale, ricreativo, sociale, ambientale, sportivo, ecc; ad ogni modo, attività che non devono essere illecite o contrarie all’ordine pubblico.

In riferimento all’attività di autoriparazione, la fattispecie oggi analizzata credo che possa dare spunto ad interessanti riflessioni.

Come ben sappiamo, il legislatore italiano ha voluto dare espressa e compiuta regolamentazione a tale attività mediante la Legge 5 febbraio 1992, n. 122 (recante le disposizioni di legge in materia di sicurezza nella circolazione stradale e la disciplina, appunto, della suddetta attività), oggi modificata in alcuni punti dalla Legge 11 dicembre 2012, n. 224; in sostanza, ci si è preoccupati di dare la giusta qualificazione ai servizi resi dalle imprese di autoriparazione, ossia l’attività di manutenzione e riparazione dei veicoli adibiti al trasporto su strada di persone o cose.

Vale la pena ricordare che nell’attività di autoriparazione “rientrano tutti gli interventi di sostituzione, modificazione e ripristino di qualsiasi componente, anche particolare, dei veicoli e dei complessi di veicoli a motore nonché l’installazione, sugli stessi, di impianti e componenti fissi”; di conseguenza, non rientrano propriamente nell’autoriparazione (ossia nel complesso di attività considerate dal legislatore ai fini della disciplina in esame) le attività di lavaggio, di rifornimento di carburante, di sostituzione del filtro aria, del filtro dell’olio, dell’olio lubrificante e di altri liquidi lubrificanti o di raffreddamento che devono, in ogni caso, essere effettuate nel rispetto delle norme vigenti in materia di tutela dell’inquinamento atmosferico e di smaltimento dei rifiuti.

Così come è utile tenere a mente che è lo stesso legislatore italiano a disporre il principio secondo cui l’esercizio dell’attività di autoriparazione è consentito esclusivamente alle imprese iscritte nel registro delle imprese (articolato in apposite sezioni, ciascuna relativa alla meccatronica, carrozzeria e gommista) o nell’albo delle imprese artigiane e ciascuna impresa, pur potendosi iscrivere in una o più delle predette sezioni, non può svolgere attività di autoriparazione che non siano di pertinenza della (o delle) sezioni del registro in cui l’impresa è iscritta, salvo il caso di operazioni strettamente strumentali o accessorie rispetto all’attività principale.

Anche il proprietario o possessore di un veicolo è soggetto ad un preciso obbligo vale a dire quello di avvalersi, per la manutenzione e la riparazione dei medesimi, di imprese effettivamente abilitate a tali attività (quindi iscritte nell’apposito registro), fatta eccezione per le attività di lavaggio, di rifornimento di carburante, di sostituzione del filtro aria, del filtro dell’olio, dell’olio lubrificante e di altri liquidi lubrificanti o di raffreddamento nonché per gli interventi di ordinaria e minuta manutenzione e riparazione.

Se è vero che l’ordinamento giuridico italiano ha ritenuto indispensabile regolamentare l’attività di autoriparazione (in quanto la stessa è caratterizzata da elementi che la rendono esperibile solo in presenza di determinati requisiti), questo significa che le operazioni di manutenzione e riparazione di un veicolo possono e devono essere eseguite solo da personale abilitato e qualificato per farlo.

Ma nella normativa appena richiamata, a mio avviso, esiste un lacuna che può portare a serie derive nell’interpretazione ed applicazione della stessa.

Infatti, nello statuire che “gli interventi di ordinaria e minuta manutenzione” possono essere eseguiti anche da personale non abilitato (quindi anche ricorrendo al “fai da te”), senza specificare quale limite caratterizza tale tipologia di interventi, il legislatore ha lasciato aperto un fronte all’interno del quale si inseriscono casi come quello portato alla mia attenzione, con tutte le problematiche che ne conseguono.

Allora, viene lasciato all’interprete il compito di individuare i confini che contraddistinguono i lavori che si possono realizzare anche personalmente, senza avvalersi dell’opera professionale di un autoriparatore autorizzato.

Secondo la mia modesta competenza tecnica e per fare qualche esempio, ritengo che la sostituzione dell’autoradio, della batteria, delle candele, l’installazione di una videocamera interno/esterno possano essere considerate operazioni di “ordinaria e minuta manutenzione” (compresi cambio filtro aria, olio e liquidi lubrificanti).

Ma quando ci si sposta su aspetti tecnici quali freni, sospensioni, cinghia distribuzione, frizione, centralina elettronica, cambio, ecc…, anche considerando la complessità tecnologica delle vetture attuali, siamo sicuri che simili interventi siano di “ordinaria e minuta manutenzione e riparazione”?

Se il nostro ordinamento prevede l’apposita regolamentazione dell’attività di autoriparazione, è perché si vuole garantire la necessaria e doverosa professionalità, conoscenza e competenza tecnica in un settore, di anno in anno, sempre più complesso a causa del naturale sviluppo tanto dei veicoli che dei sistemi su di essi montati.

Può essere che, tra gli appassionati, vi siano persone effettivamente dotati di capacità tali da essere in grado di eseguire, per conto proprio, anche gli interventi più complicati.

Ma, poi, siamo sicuri che i locali, le attrezzature e le informazioni tecniche messe a disposizione di questi appassionati siano in effetti quelle “corrette”?

Fermo restando che gli interventi che esulano l’ordinaria e minuta manutenzione e riparazione, rimangono obbligatoriamente di competenza degli autoriparatori autorizzati, proprio per tutte le implicazioni che essi determinano (in generale, sulla sicurezza nella circolazione stradale).

In definitiva, il vero problema creato da queste organizzazioni le quali, seppur in maniera apparentemente lecita (per i motivi sopra visti), aiutano a coltivare una passione, risiede nel giusto messaggio trasmesso agli aderenti.

Se, infatti, fossimo sicuri che l’attività associativa non porti a “bypassare” le imprese svolgenti attività di autoriparazione per quello che riguarda gli interventi che esulano dalla ordinaria e minuta manutenzione e riparazione, allora non ci sarebbero grosse questioni dal momento che l’attività del “fai da te” rimarrebbe confinata entro gli stessi limiti previsti dalla legge.

Nulla vieta ad un associazione di organizzare corsi per i propri associati il contenuto dei quali è quello riportato dalla domanda.

E’ quando la conseguenza di questi corsi e/o iniziative cozza contro le previsioni normative che allora il problema sussiste, anche sotto il profilo giuridico.

 

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