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Come procedere con un cliente che non paga?


Phoenix

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Nei mesi scorsi ho effettuato una riparazione di circa mille euro ad un cliente e premetto che lo stesso ha sottoscritto l'accettazione ed il preventivo di spesa pari a quanto poi richiesto. Al momento del pagamento, il cliente chiedeva un po' di tempo perchè aveva difficoltà economiche e così abbiamo concesso un ulteriore mese di tempo. Il mese è ora trascorso senza che ci fosse alcun pagamento ed ora il cliente non risponde più alle mie telefonate. Come ritiene che sia corretto procedere in casi simili?

 

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Miglior contributo in questa discussione

  • Phoenix

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  • Avv. Beccari Piergiorgio

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Miglior contributo in questa discussione

In tempi di crisi economica, è sempre più sentita l’esigenza di dare certezza al credito vantato per l’opera prestata e di conseguenza – nel caso in cui venga a mancare il pagamento - si rende necessario comprendere quale sia la miglior strada perseguibile onde tutelare le proprie ragioni nei confronti del debitore inadempiente.

In generale, va detto che la scelta relativa a come procedere per cercare di ottenere il soddisfacimento del diritto di credito vantato, può dipendere da molteplici elementi quali, ad esempio, l’ampiezza della somma, le spese necessarie da sostenere, la natura e la collaborazione del debitore, la possibilità di dimostrare facilmente il fondamento del diritto vantato e altre ancora.

Traendo spunto dalla vicenda riportata in domanda, cerchiamo ora di individuare le possibili alternative di azione a cui l’autoriparatore può rimettersi per fronteggiare quei casi in cui, eseguito l’intervento di riparazione, difetti poi il pagamento dello stesso.

 

Il primo suggerimento da dare ogniqualvolta ci si trovi a dover decidere come muoversi per recuperare un credito, soprattutto quando è venuta meno la stima nel cliente, è quello di rivolgersi ad un avvocato di fiducia.

Tale consiglio è solo in apparenza banale e mi sia concessa la possibilità di spendere qualche riga per meglio spiegare il senso del mio suggerimento, con particolare riferimento alle ipotesi in cui, per la prima volta, ci si confronti con il bisogno di assistenza legale.

La particolarità del rapporto fra cliente ed avvocato consiste nel fatto che il cliente raramente possiede cognizioni tecnico -giuridiche, né è in grado di avere piena consapevolezza delle scelte che possono essere assunte e delle relative conseguenze.

Ecco perché il rapporto di fiducia con l’avvocato è ancora più importante che non rispetto ad altre figure professionali.

A meno che non si abbia già il proprio legale, fondamentale per il rapporto fiduciario è il (primo) contatto personale con l’avvocato durante il quale il cliente esporrà i fatti ritenuti rilevanti, con esibizione della documentazione relativa (nel nostro caso, ad es., accettazione e preventivo, fattura, eventuali comunicazioni intercorse con la controparte).

Il legale, normalmente, fornirà indicazioni e pareri la cui specificità dipende anche dal volume di informazioni ricevute dal cliente, si chiariranno gli aspetti relativi alle spese legali ed ai rischi connessi ad eventuali procedure giudiziarie.

Si tenga presente, ancora, che secondo la legge professionale regolante la professione forense, “l’avvocato è tenuto, nel rispetto del principio di trasparenza, a rendere noto al cliente il livello di complessità dell’incarico, fornendo tutte le informazioni utili circa gli oneri ipotizzabili dal momento del conferimento dell’incarico alla sua conclusione; a richiesta, è altresì tenuto a comunicare in forma scritta a colui che conferisce l’incarico professionale, la prevedibile misura del costo della prestazione, distinguendo tra oneri, spese, anche forfettarie, e compenso professionale”.

Dal primo contatto e dalle modalità di svolgimento (es. completezza delle informazioni, competenza, strategia proposta, ma anche fattori di contorno: presenza o meno di una segreteria, cortesia, tempi di attesa, tempo dedicato ..) il cliente può trarre le prime importanti conseguenze.

In ogni caso, l'avvocato non può prevedere l'esito della causa, anche perché avere ragione non significa vincere.

La scelta del proprio difensore, pertanto, non deve basarsi soltanto sul passa parola ne su valutazioni del tipo “mi serve un avvocato bastardo, così distruggo l’avversario” oppure “mi occorre un avvocato bravo, quindi vado dal migliore” o, ancora, “se ho ragione vincerò comunque e quindi mi basta l’avvocato che si fa pagare di meno” bensì su un vero e proprio rapporto fiduciario, previa approfondita verifica delle competenze richieste dalla materia.

 

Tornando al caso che ci occupa e supponendo che sia io il professionista chiamato al patrocinio, il primo positivo elemento da rilevare è che il cliente/autoriparatore, essendo in possesso dell’accettazione e del preventivo di spesa sottoscritti - e non essendoci riserve o contestazioni al riguardo (ad es. relative alla realizzazione a regola d’arte del lavoro) - è già nella condizione di dare prova documentale del fondamento del proprio diritto per quanto riguarda l’autorizzazione all’esecuzione dell’intervento nonché il prezzo pattuito.

Il suddetto elemento rileva tanto in ambito stragiudiziale quanto giudiziale, di fatto limitando la possibilità per la controparte, di sollevare valide eccezioni di diritto proprio in ordine alla corretta realizzazione della riparazione e al suo costo.

Tuttavia, sempre dalla lettura della domanda, non sembra potersi rilevare che ci sia stata, da parte dell’officina, l’emissione del documento fiscale, vale a dire della fattura.

A questo punto, e di seguito si capirà la ragione, consiglierei di provvedere ad emettere la fattura relativa al lavoro eseguito e corrispondente al preventivo sottoscritto dal cliente.

Dopodiché, di procedere attraverso un primo atto formale consistente nell’invio al debitore di una lettera raccomandata a/r, a firma del legale e contenente appunto la fattura, mediante la quale si intima al debitore il pagamento del dovuto entro il termine indicato (in genere 7 giorni dal ricevimento della missiva) e lo si avverte che, in difetto, si provvederà ad agire presso l’autorità giudiziaria competente.

 

A seguito dell’invio della suddetta comunicazione, si possono presentare scenari differenti.

[*]Pagamento spontaneo da parte del debitore.

Questa è, ovviamente, la soluzione più auspicabile e gradita in quanto non comporta la necessità di affrontare ulteriori spese anche se, in base alla mia esperienza, è quella statisticamente meno probabile.

[*]Riscontro alla diffida.

Poi, è possibile che la controparte “risponda” all’intimazione di pagamento ricevuta prendendo contatto, in proprio o tramite un difensore nominato, con il legale scrivente.

Nella maggior parte dei casi, una simile fattispecie è volta alla ricerca di una soluzione transattiva della vicenda che, concretamente, si realizza mediante un accordo scritto tra le parti in cui vengono riportati i patti intervenuti.

Ad esempio, perché si individua una cifra a saldo e stralcio delle pretese creditizie dell’officina (in genere inferiore a quella di cui si pretende il pagamento) oppure perché vengono concesse dilazioni di pagamento.

Ad ogni modo e per la giusta tutela del creditore, all’interno della transazione – soprattutto nell’ipotesi in cui si conceda il pagamento rateizzato del dovuto – viene sempre riportato il riconoscimento di debito da parte del cliente dell’officina e la clausola in base alla quale il mancato rispetto anche di una sola delle scadenze concordate (in sostanza l’omesso versamento di una rata), comporta il venire meno dell’efficacia giuridica della transazione, legittimando così il creditore all’azione giudiziale per ottenere l’intero importo ancora rimanente.

[*]Mancato riscontro alla diffida.

Nel caso in cui, nonostante l’invito al pagamento formulato tramite legale, il debitore persista nel suo silenzio, non rimane altra alternativa che rivolgersi all’Autorità Giudiziaria.

 

Per quanto riguarda la vicenda in esame, essendo stata emessa la fattura in precedenza (ricordiamo al momento dell’invio della diffida ad adempiere), l’officina è ora in possesso di idonea prova documentale che giustifichi la richiesta e l’emissione di decreto ingiuntivo.

Infatti, possono ricorrere al procedimento di ingiunzione solo i soggetti (persone fisiche o giuridiche) titolari di un diritto di credito, fondato su idonea prova scritta: e la fattura, unitamente all’estratto autentico dei libri e delle scritture contabili, è sicuramente tale.

In sostanza, l’officina ha la possibilità di ottenere rapidamente - e con ridotti costi di giudizio rispetto ad una causa ordinaria – un titolo (appunto il decreto ingiuntivo) per potere poi dare eventualmente inizio all’esecuzione forzata se il debitore persistesse nel non pagare.

 

In estrema sintesi, vediamo di riassumere i passaggi necessari per ottenere un decreto ingiuntivo:

Il ricorso predisposto dall’avvocato, viene depositato presso la cancelleria del Tribunale competente. In seguito al deposito, il Giudice (se ritiene fondato il diritto di credito) accoglie il ricorso con decreto mediante il quale ingiunge al debitore di pagare la somma intimata, liquida a suo carico le spese di procedura e lo avverte che può fare opposizione entro il termine di 40 giorni da quando il decreto gli è stato notificato.

Successivamente all’emissione del decreto ed entro 60 giorni da tale data, il ricorrente (ossia l’officina per mezzo dell’avvocato difensore) deve notificare al cliente/debitore il decreto.

Una volta eseguita la notifica, il debitore può pagare oppure fare opposizione (a seguito della quale si apre una causa normale) oppure, ancora, non fare opposizione nel qual caso il decreto ingiuntivo diventa esecutivo e legittima l’esecuzione forzata oppure l’iscrizione di ipoteca giudiziale.

Prima di intraprendere un procedimento per ingiunzione, interessante può essere capire gli eventuali costi da affrontare, costi che si differenziano in spese vive e onorari da corrispondere al legale.

Per quanto riguarda le spese vive, in relazione al caso oggi in esame, si deve tenere presente che visto il valore del credito per cui si procede (circa Euro 1.000,00), il creditore deve anticipare Euro 26,00 per il contributo unificato, euro 27,00 per marca da bollo nonché ulteriori euro 30/40 per le copie del ricorso e la successiva notifica.

 

Invece, gli onorari dell’avvocato, sempre in relazione al valore sopra indicato e secondo le tabelle forensi, sono fissati tra un minimo di Euro 225,00 ed un massimo di Euro 810,00.

Occorre sapere, ancora, che al momento dell’emissione del decreto ingiuntivo, il Giudice – oltre al credito azionato – liquiderà anche le spese vive sostenute nonché il compenso dell’avvocato.

Quindi, una volta ottenuto il decreto ingiuntivo, il creditore potrà pretendere dal debitore il pagamento del credito, delle spese vive sostenute ed, infine, recuperare dal medesimo quella parte di compenso professionale liquidato il quale, sempre in base alla mia esperienza ed in riferimento al valore per cui si procede, si attesta intorno ad Euro 350/400.

Il che significa, per quanto riguarda gli onorari dovuti al legale, che il creditore potrà “recuperare” dal debitore quanto disposto in base al decreto ingiuntivo, fermo restando che l’avvocato potrà legittimamente chiedere un compenso compreso fra il minimo ed il massimo visto più sopra.

 

Una volta di più, pertanto, è indispensabile chiarire - fin da subito - con il proprio legale quanto ad esso dovuto per l’opera professionale prestata al fine di evitare dannosi fraintendimenti nel rapporto.

 

 

In conclusione, nella risposta tracciata, si è cercato di delineare un quadro generale espressione dei principali elementi da tenere in considerazione quando si è chiamati ad affrontare situazioni spiacevoli come quella raccontataci dal nostro lettore.

Tuttavia, mi preme sottolineare come ogni singola vicenda può essere differente e particolare a seconda dei suoi presupposti e, pertanto, al fine di approfondire un argomento sicuramente interessante come quello oggi affrontato, invito tutti voi a rivolgermi ulteriori domande così da poter, insieme, compiutamente esaurire il tema.

 

 

 

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